Recensione e Gameplay per Rockbeasts

Rockbeasts Recensione: Il lato sporco del punk

    Rockbeasts non è solo un gioco, ma un’esperienza narrativa cruda e viscerale, che affonda le sue radici nell’anima underground del punk anni ’90. Dimenticate le star patinate o le rock band da copertina: qui si racconta il dietro le quinte più lurido, fragile e autentico del mondo musicale. Nei panni di un manager disilluso, non gestisci solo una carriera, ma un’esistenza borderline fatta di sogni sporchi, ferite aperte e chitarre stonate di rabbia.

    L’elemento che rende Rockbeasts davvero unico è la profondità emotiva dei suoi personaggi, animali antropomorfi ma dal cuore disperatamente umano. Ognuno di loro è un’anima ferita che urla per farsi sentire, tra crisi personali, dipendenze e desideri infranti. Il tuo compito è quello di tenerli in piedi, di portarli in tour, di salvarli dal fallimento o forse solo di farli arrivare vivi alla prossima tappa. Ma ogni scelta è una lama affilata: accetti un contratto che puzza di sfruttamento pur di emergere? Tradisci un amico per non mandare tutto a rotoli?

    La firma di Jakub Szamałek, già autore di The Witcher 3 e Cyberpunk 2077, si sente in ogni riga di dialogo, in ogni bivio morale, in ogni silenzio carico di tensione. A rendere l’atmosfera ancora più tagliente c’è Iggy Pop, che presta la sua voce roca e invecchiata al personaggio di Iggy Pup, un DJ alcolizzato che ci accompagna con riflessioni amare, come un Bukowski in acido davanti a un mixer rotto.

    Il comparto estetico mescola pixel art dettagliata e colori acidi, con ambientazioni intrise di fumo, neon e malinconia. Ma è la colonna sonora a rubare la scena: diciassette brani originali tra punk, grunge e alternative rock che si insinuano sotto pelle, facendo da contrappunto perfetto alle vicende di backstage. La musica in Rockbeasts non è decorazione: è narrazione pura.

    Sul piano del gameplay, Rockbeasts si presenta come un gestionale, ma la struttura ruota intorno alla narrazione, non all’ottimizzazione dei numeri. Ogni turno è una storia, ogni evento una ferita. Non si tratta di massimizzare profitti, ma di sopravvivere all’imprevedibilità dell’animo umano. Le meccaniche sono semplici da apprendere ma piene di implicazioni, e la curva di difficoltà è dettata più dalle scelte morali che dai sistemi economici.

    Nonostante il tono a tratti ironico e caricaturale, Rockbeasts è un gioco che parla della sofferenza reale dietro la creatività, della solitudine degli artisti e della brutalità dell’industria musicale. È un viaggio nei vicoli bui dell’anima, dove ogni successo ha un prezzo, e ogni fallimento lascia cicatrici.

    Rockbeasts è un colpo basso, ma uno di quelli che svegliano. È un grido distorto che resta nelle orecchie anche dopo i titoli di coda. Se cercate un gioco che non vi tratti da spettatori, ma da partecipanti emotivi e morali, questo titolo è una sfida necessaria. Per chi ha amato la scrittura adulta di Disco Elysium e il cuore ferito di Night in the Woods, qui c’è un nuovo manifesto da scoprire. Sporco, storto, ma terribilmente vero.

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